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Siamo in una situazione allucinante.

Difficile da credere: un virus ha invaso il mondo intero e sta mietendo molte, troppe vittime.

Oggi, dopo 10 giorni, mi sono decisa ad andare a fare la spesa al supermercato grande del quartiere. Mi sono armata di pazienza e mi sono messa in coda insieme ad altre persone, la maggior parte delle quali munite di mascherina e guanti.
Ho avuto il tempo, all' aria aperta e sotto il sole che oggi batteva sul piazzale, di osservare le persone che avevo attorno. Eravamo pochi considerato lo spazio a disposizione, uno distante dall' altro, distanza che permetteva di guardarci. Si camminava lentamente e con lunghe pause. C è chi leggeva un libro, chi chiamava casa per mostrare la fila e forse si sentiva solo.

Io ho cercato lo sguardo dell'altro. Ho scorto angoscia, paura, sospetto, ricerca di vicinanza... La riflessione, sicuramente banale, che è nata in me è che questo evento surreale e sopra ogni aspettativa sta imponendo all' essere umano un ridimensionamento.

 

Cosa impareremo da questo periodo in cui siamo obbligati all'isolamento?

Ma non solo. Siamo obbligati a fare i conti con la rinuncia.
La rinuncia all' abbondanza, al superfluo. Obbligati a rimanere con noi stessi nell' ascolto dell' essenziale.

La vita sta mettendo l uomo davanti all' esigenza di fare i conti con il meno e con il limite. Proprio in un periodo in cui lo spreco, non solo delle cose materiali, stava facendo da padrone, insieme al senso di onnipotenza.
Insomma...la coda di oggi l ho trovata un'esperienza vissuta in un clima quasi "spirituale", dove si andava piano, lontani dai ritmi a cui siamo assuefatti.

Speriamo di uscirne presto e di uscirne portandoci dentro questo rispetto e questa attenzione che oggi ho respirato.

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